MILITARI e PROFUGHI

Assistenza Militari

Dichiarata zona di guerra il 1 dicembre 1917, Milano ha una posizione strategica ed è dotata sin dall’inizio del conflitto di strutture fondamentali per l’assistenza ai feriti e ai mutilati. La città dispone infatti di una rete capillare di ospedali di riserva e, oltre alle strutture già esistenti, moltissime ne vengono create occupando spesso gli edifici scolastici o, nei momenti di massima emergenza, utilizzando spazi come il Teatro del Popolo e l’Albergo Popolare, a cui si affiancano gli ospedali della Croce Rossa. Snodo principale dell’assistenza sanitaria è naturalmente l’Ospedale militare di Sant’Ambrogio. Durante la guerra l’ospedale viene dotato di binari di raccordo per permettere ai tram di portare i feriti direttamente dai treni che arrivano in Stazione sin dentro il nosocomio.
Una stima approssimativa indica un totale di circa 14.000 posti letto per ufficiali e truppa; sin dall’inizio del conflitto viene censita la disponibilità di ogni ospedale, contemplando la possibilità di aumentare i posti letto per fronteggiare eventuali criticità, come accadrà all’indomani di Caporetto quando sulla città si riverserà un incalcolabile numero di feriti militari e di profughi civili.
L’assistenza sanitaria non riguarda solo i feriti che arrivano dal fronte, ma significa anche riabilitazione e rieducazione dei mutilati: sono fondamentali la ricerca e lo studio sulle protesi e la specializzazione di alcuni ospedali come l’Istituto dei Rachitici, che diventerà uno dei poli più attrezzati per l’ortopedia e la cura degli invalidi; vengono inoltre istituiti alcuni laboratori di riabilitazione lavorativa, con l’intento di garantire ai menomati una discreta autosufficienza.

Grande attenzione è posta inoltre all’assistenza morale dei soldati e vanno in questo senso le innumerevoli iniziative di “conforto ai feriti”, dove l’azione dei comitati cittadini, per lo più composti da volontari, intesse una rete di attività che spaziano dalla distribuzione del gelato domenicale, ai gruppi di lettrici che operano nelle corsie degli ospedali, ai corsi di alfabetizzazione per i soldati ricoverati; questi ultimi diverranno uno dei momenti cruciali di quella propaganda “intima e pacata” in cui le maestre veicoleranno i temi a sostegno della patria e, dopo Caporetto, della resistenza.
Ma l’attenzione ai soldati presenti in città non è rivolta esclusivamente ai feriti: posti di ristoro nelle stazioni di passaggio delle truppe in transito, luoghi di incontro come le “sale del soldato” (presenti anche in zone periferiche della città) dove i militari possono trascorrere parte del tempo libero, iniziative speciali rivolte ai soldati in licenza le cui famiglie si trovano nelle zone invase e quindi impossibilitati a far ritorno nei luoghi d’origine fanno parte di quella fittissima rete di iniziative che si avvale dell’attività volontaria di un gran numero di comitati e di semplici cittadini.

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